Susumu Yokota playing (a grinning cat)

di Maristella Bonomo

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Bolle, in ogni bolla uno strumento musicale: violino chitarra flauto. Si dissolvono in un vento inspiegabile. Nel posacenere fuma la sigaretta abbandonata. Una bacchetta da direttore d’orchestra accorda i rami e le foglie. La ragazza sulla panchina guarda il telefono che non si decide a squillare, la ragazza su un’altra panchina parla e ride a un auricolare. Un gatto sbircia dal vetro di una finestra per constatare la situazione ma le tende vengono richiuse dalla domestica. Lo spettacolo che doveva cominciare è appena finito, la fine rimane aperta tra le parole scritte correndo ma nessuno sgambetta nessuno inciampa e cade negli ultrasuoni. Infinire. Un locale di luci stroboscopiche visto da dentro ma anche da fuori, le persone ballano rallentate. Occhi veloci e grandi si muovono a destra sinistra, su giù e in diagonale, una possibilità già evacuata dal campo accade nel luogo dove accade sempre il contrario, le strade evitate si srotolano all’infinito dentro lo sguardo di chi sta per…

La bicicletta cammina da sola per la strada alberata. Un vagone del tram sprofonda sott’acqua, i quattro passeggeri si accorgono di poter respirare, parlare nell’acqua, riempire la settimana enigmistica, e quando il vagone risale il rumore sulle rotaie è il passo del gatto in una città buia: il gatto non contiene alcuna maledizione. Tip tap. Un mago rotea tra le mani una sfera di vetro trasparente mentre balla il tip tap, la sfera vortica in aria, nell’aria continua a vorticare. Il mago si toglie il cappello e il cappello fuma senza bruciare. I volti del mago sono molti, il suo non si vede mai. La ragazza sulla panchina è indifferente, perde sangue dalle braccia, sceglie di offrirlo al pubblico ma il pubblico non se ne accorge. La ragazza che rideva si alza per andare a spogliarsi. Per qualcuno finisce anche male: per il mago che smarrisce la sfera e le sue innumerevoli facce, non ne ha più nessuna con cui smettere di ballare.

Pagine sfogliate da spifferi, la porta è spalancata, nessuna parola sembra leggibile, qualche lettera inconsueta diventa pulviscolo nell’aria appena luminosa di una sfera trasparente che vortica in aria da sola. È quasi ora di colazione, il latte bolle in un pentolino il suo candore deposto dalla luna (luna e frigorifero si amano di notte), la sfera gira, il miele brilla nel suo barattolo solare, e nessuna storia potrebbe cominciare se…

Il brano glorioso improvvisa la sua esecuzione: passa un archetto tra i capelli tesi, sfrega il dito sui denti, tambureggia sul ginocchio il gomito, stringe con le mani il respiro, soffia profondamente in gola, schiocca la lingua e mugola. Il latte bolle e fuoriesce a più non posso, frizza tra una casa e un’altra alla parte opposta del mondo solo perché due persone che non si conoscono si stanno pensando e non lo sanno. Usciranno alla stessa ora ignorando la notte e la mattina spinti da un’ispirazione sconosciuta, compreranno il libro che l’una ha letto, il disco che l’altro conosce a memoria e il disco comincerà a cantarlo anche quella che non lo ha mai ascoltato prima. E il libro comincerà a comporlo con frasi nel pensiero anche quello non l’ha mai letto prima. La ragazza sulla panchina completamente esangue riprende a camminare, un passo lento dopo l’altro, pensando che fermarsi è controproducente mette le cuffie alle orecchie. Ascolta Susumu Yokota, come questo racconto appena cominciato.

Un’altalena vola in alto. Un ragazzo sdraiato in una stanza bianca percorre un pianoforte con le dita dei piedi. Il fumo evapora dalle sue labbra, è indeciso se fermarsi o meno. Non ha paura ma l’indecisione fa parte del suo carattere: vai o non vai? La porta si apre. Non esiste posto migliore.

Lei è ubriaca, nei suoi occhi lascia striature di arancione il tram che passa e per poco non la investe. Lui corre a salvarla, con i piedi sui tasti sa dove arrivare solo di sfuggita. Con lei non può comunicare. Lei chiude le orecchie, le serra con mobili e sedie ogni volta che lui corre. Per dirla tutta si sente soddisfatta. Perché esce dalla finestra. E dalle scale di emergenza. Quando era piccola volare in altalena era l’unica cosa che le interessava. Ora che non ha conosciuto lui l’altalena è la seconda.

Il tram scivola sulle rotaie. Per lei la città più bella del mondo è su un tram. Se poi si siede per caso a un tavolo e per caso a questo tavolo sul tram c’è anche lui: è una strana combinazione. Camminare sulle rotaie, seguendo le rotaie, rotaie arrugginite di un tram fantasma tra ciuffi di erbacce e papaveri e lunghi capelli mossi dal vento. Al lato delle rotaie siede la cartomante. Se la cartomante chiama, non rispondere. Ha bisogno di dire il suo amore nelle carte. Quando si incontreranno dopo molto tempo, per la prima volta, a lei mancherà la voce che le ha rubato la cartomante. Penserà a quanto era alta l’altalena. A come erano lunghe le mani della cartomante. Ai suoi gingilli. La cartomante vedrà l’altalena e le foglie dell’albero che i piedi a punta tentavano di sfiorare. Avere sei anni, luce attorcigliata ai lampioni, luce dei lampioni attorcigliata alla luna. Un cappello fumante. E tutto continua a non accadere nel modo in cui ha deciso di farlo. Le decisioni possono essere musicali. Si può decidere fra i tasti e il fruscio della pioggia che non piove. Il fruscio si dilata nel suono distante mille miglia: camminare lasciando orme per non raggiungere un…

Momento di amore confuso nella stanza. La cartomante negli occhi degli altri legge il suo unico amore, nel palmo nudo della mano apre un occhio. Sarà lui al pianoforte dentro quell’occhio a cambiare le linee, le percorrenze. Seguire binari sperduti, tastiere, la stazione abbandonata in un bosco, le parole cancellarsi una a una, le righe, una dopo l’altra. Il violino suona fluttuando ma la cartomante è distratta. Un solo vagone e gli sguardi ipnotizzati dopo la porta sono come il suo. Assecondare il viaggio. Per sapere che l’incontro è un attimo prima. Questa è la profezia. Un’altalena che vola così in alto da sparire, sorpassare la linea dell’orizzonte. Per impigliarsi in una nuvola. La cartomante deve fare la pipì. Prima di farla volteggia con il suo vestito nero, lungo quanto il tram che passa. Il tram fantasma. Delle possibilità fantasma tra le destinazioni fantasma. Di un vestito fantasma che nessuno può toccare in una stazione fantasma dentro a un bosco che smette improvvisamente di…

Gli amanti corrono cercando un punto in cui baciarsi, la vasca da bagno si riempie, sull’acqua corpi riflessi entrano dalla finestra, sott’acqua tutto è deformato dalla lente che è l’acqua. Le mani i capelli la pelle si espandono in un grande respiro. La vasca disabitata non sta né in cielo né in terra ma in un luogo a metà. Sotto c’è qualcuno che nuota in un mare sconfinato. Sotto ancora scende per le scale, corre salta scavalca un muro. Nei fogli le parole che non esistono arrivano e si dissolvono. La corsa arriva in un tunnel. Nel tunnel tutti ballano a ralenti. In mezzo alla gente che balla c’è un ring: si sfidano gridano rimbalzano nella rete del ring. L’acqua scende. Una scritta sul vapore allo specchio. Hit me!

Il letto galleggia in un mare sconfinato, l’acqua del sogno è la vasca da bagno: volti su volti, a colpirsi, come fotografie fradice a togliersi di dosso i graffi del passato, la bava dei presentimenti. I presentimenti portano indietro nel tempo e fanno riaccadere il passato. Suonare una musica che ha lacerazioni nel sangue ma non fa piangere, fa diventare pedoni. Camminare dove i passi non hanno suono, le persone che incontri già le conosci, poi ancora le dimentichi. Uscire per strada a cercare il suono che può risvegliare e chiede di essere detto in un nome. Sapere che esiste un nome da leggere bene, sfilarlo dal petto e vederlo lì, un gatto che porta nel giallo degli occhi messaggi affilati di circostanza. Il sale secco sulla pelle, sul cuscino. Le circostanze non sono da escogitare o diventano statue, statue che guardano prima di essere risucchiate nel buio sottofondo di una vasca incolore, solo perché con gli occhi spalancati sott’acqua si può vedere tutto: la metropoli il tram e gli amanti in ogni angolo di portone. Esiste un senso nell’andare avanti quando il cuore è un gorgo otturato. Una torta con una sola candelina. Un anno in meno verso di te. Soffia. Turning point.

Sempre più bassa la leva, l’ossigeno scende lacrima dopo lacrima e se gli occhi arrivano a sbocciare dalle palpebre sono lapislazzuli feriti dalla luce. Una mano sottilissima si ferma sulla pelle perché lì… c’era una volta un tatuaggio. In quel tatuaggio lei scappa dalla finestra. Scappa e prova a svuotare il cuore ma le lacrime sono trasparenti e non possono svuotare nulla. Lasciare gli occhi a riposare, lasciarli in custodia a una sola coppia di note che una volta ricongiunte saranno lì per sempre nel brusio del nome, e pian piano, molecola dopo molecola, a prendere coraggio, un po’ più in alto con l’altalena, ancora più su fino a scomparire. Esistono mondi dentro altri mondi dentro altri mondi nei corpi nudi che si guardano e scambiano il loro avvenire con un bacio, chiunque siano, amanti cugini fratelli sconosciuti. Esistono mondi su una foglia, sotto l’acqua, in un deserto, su un vulcano, sulla luna, chiusi in una mano. Mondi cavi nell’aria, gli amanti di Susumu Yokota.

Quando torni portami lo zucchero filato più azzurro del mondo. Quando torni dammi la chiave e i vestiti, quando torni lascia la porta aperta, quando torni dormirò con il mio pelo poggiato sul lenzuolo, quando torni ascolterò il tuo respiro rarefatto. Quando torni fai piano pianissimo. Dalla fessura sotto la serranda milioni di piedi nudi stanno ballando e si muovono e si pestano ma sono solo piedi e caviglie in un prato di piedi. Il fumo inizia a discendere, a districare il cielo dalle sue sembianze. Tutti respirano a pieni polmoni e cadono addormentati sognando i sogni più belli e tormentati: ci sei anche tu che torni. Il mio letto vuoto sfatto perché sono uscita a guardare vetrine mangiando biscotti secchi, per fingere di non stare male ascoltando il silenzio dell’acqua che scorre nella vasca, di un piatto sporco, un pacchetto di sigarette vuoto con cui ho litigato, accartocciato buttato per terra. Scendo per le scale dalla stradina, arrivo a un piano di sotto. Le donne vestite di nero guardano le carte che hanno in mano da sempre, il Mago gli Amanti la Luna. Al piano ancora sotto la corrente di un fiume sotterraneo, cammino alzandomi i calzoni, il fiume sembra contento di avermi incontrata nella vasca, ed è un favore a tenermi nascosta per non piangere al tuo ritorno, per non ritrovarmi su un tetto di tegole rosse e scricchiolanti, per non cadere in un’altra casa che non conosco e uscire dalla finestra. Nel fiume un guanto calza perfettamente il mio braccio libero dalla carne. Sul mio braccio il guanto diventa oro. Risalgo dalle donne vestite di nero perché loro mi possano vedere con la mia nuova scoperta tutta gocciolante. Sarò una ladra perfetta, uscirò in strada con il mio unico braccio senza alcun senso che il suo stesso splendore.

Una macchina vola da una strada fino al cielo e ridiscende veloce dalle nuvole per sentieri tortuosi, gli alberi dalle foglie verde smeraldo si abbassano al suo passare, un’orchestra che suona. Un vestito bianco, tenendo il cappello, corre in segno di saluto gridando il nome sconosciuto agli alberi alle foglie, non si ricorda di te che stai tornando. Corre la bicicletta vuota, corre il tram, si solleva l’altalena. Dalla macchina esce una bacchetta dorata. Lo squillo di un telefono in una stanza ampia dai pavimenti di quarzo e senza ombra di mobili. C’è un regalo da far scartare, la scatola con il nastro di parole mobili nasconde un’altra scatola con un nastro di parole mobili e ce n’è un’altra e un’altra ancora, fino a quando in un angolo minuscolo cade il lapislazzuli. Tip. Bolle di latte. Tap. Camminare per diffondere sulle acque l’amore della separazione. La bacchetta immagina la storia della cartomante, l’altalena vede i due amori che si baciano, il vagone sprofonda sott’acqua. E tutto ricomincia inversamente proporzionale, cioè al contrario, cioè reale. Il mago risale dalla vasca da bagno. Il direttore d’orchestra cade dal palco e si frattura una gamba. La bacchetta risucchia la musica a mezz’aria, le foglie si immobilizzano, il gatto sbadiglia e si addormenta, il mago si asciuga in un volto solo e chiama la cartomante e le sue diramazioni con quel vero nome…

Mi sa che il disco è finito, il cuore immobilizzato.